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Formazione salute e sicurezza: tempo di attesa, non di aspettative!

01 Ago 2024
Mauro Pepe
Off
accordi Stato-Regioni, AIFOS, formazione, prevenzione, Somma

Riflessioni sul futuro Accordo Stato Regioni di Rita Somma: consulente H&S, sociologa del lavoro, Consigliera nazionale AiFOS

Ripubblichiamo dal sito di AiFOS Associazione Italiana Formatori ed Operatori della Sicurezza sul lavoro

«In verità, siamo tutti in attesa» scriveva Cesare Pavese («Piscina feriale», 21 luglio 1941, poi in Feria d’agosto). Il mondo della salute e sicurezza lo è senz’altro del nuovo fantomatico Accordo Stato Regioni, con il quale verranno accorpati, rivisitati e modificati, gli Accordi attuativi del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro in materia di formazione. Un Accordo che quasi misticamente aleggia nell’aria, apparendo e scomparendo chimericamente sotto forma di bozze e contro-bozze (che ricordano i tempi pandemici!), che sembrano avere lo scopo sociale di tenerne vivo il ricordo … la “memoria” … poi tutto si arena nuovamente.

E così il mondo della sicurezza si interroga e resta “sospeso” in attesa della profezia annunciata. C’è chi resta in attesa messianica, speranzoso nella grande rivoluzione riformatrice della formazione, del grande evento trasformativo, che darà il via all’avvento di un’età dell’oro dell’educazione alla salute e sicurezza e rivelerà i connotati di quella formazione che può salvare vite umane etc. etc. e tante altre belle cose … (ndr: ricordo però che i tempi messianici saranno annunziati e preceduti da una serie di sventure!). E c’è chi resta in attesa scettica, attendendo lo sviluppo degli eventi ma è già rassegnato pessimisticamente al fatto che ne rimarrà deluso. Nulla cambierà, nella sostanza. Gli “agnostici”, potremmo chiamarli.

Nell’era del “non importa che se ne parli bene o male, l’importante è che se ne parli”, inaugurata da Oscar Wilde con il suo Dorian Gray, gli occhi però rimangono aperti in entrambi i casi, pronti a captarne i segnali premonitori, per anticipare gli altri nel darne la notizia. Intanto si va avanti, il mercato della formazione continua a scorrere, anche quello della formazione che non funziona, che propina inutili (quando non falsi) corsi, seppur “validamente” attestati. Questione nota tra gli addetti ai lavori.

Non so se la causa è perché appartengo alla generazione X, quella cresciuta tra le profezie dell’avvento del XXI secolo, ma lo dichiaro apertamente: mi auto inserisco subito nel secondo girone, quello degli agnostici, e provo a spiegarne il motivo in questo breve contributo. Nel mio ragionamento parto facendo il punto sulla questione nuovo Accordo Stato Regione, per poi soffermarmi sui vecchi accordi formazione SSL, dandone una lettura fuori dagli abituali schemi. Io utilizzerò l’ASR del 21 dicembre 2011, ma la logica sottesa può essere traslata agli altri.

“ADOTTA” L’ACCORDO STATO REGIONE SULLA FORMAZIONE SSL

Il nuovo Accordo Stato Regioni è stato “annunciato” dalla Legge 17 dicembre 2021, n. 215 (di conversione del Decreto Legge 21 ottobre 2021, n. 146), che è intervenuta appunto anche in materia di formazione, modificando l’art. 37 – Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti – del D. Lgs. 81/08.

L’intervento normativo ha assegnato alla Conferenza permanente Stato-Regioni il compito di adottare un nuovo Accordo Stato Regioni, nel quale accorpare, rivisitare e modificare gli Accordi attuativi del Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro in materia di formazione. La quadriade interessata è sostanzialmente:

  • Accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011 – Rep. Atti n. 221/CSR (Formazione dei Lavoratori, Preposti, Dirigenti)
  • Accordo Stato Regioni del 21 dicembre 2011 – Rep. Atti n. 223/CSR (Formazione Datori di Lavoro-RSPP)
  • Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012 (Formazione addetti utilizzo attrezzature di lavoro specifiche)
  • Accordo Stato Regioni del 07 luglio 2016 (Formazione ASPP-RSPP + specifiche formazione lavoratori e-learning – tabella riepilogativa)

Il termine entro cui si sarebbe dovuto provvedere alla definizione di tale nuovo Accordo era il 30 giugno 2022. Un termine però meramente ordinatorio, pertanto indicativo e non cogente, non vincolante. Intanto sono trascorsi quasi due anni …

L’interesse ruota in particolare intorno a tre assi principali, anche se la leggenda che si sussurra nei corridoi vuole anche altro:

  • l’individuazione delle durate, dei contenuti minimi e delle modalità della formazione obbligatoria a carico del Datore di Lavoro (la novità!), ma anche di quella per i preposti per la sicurezza (evito sapientemente le sabbie mobili della periodicità dell’aggiornamento);
  • l’individuazione delle modalità di verifica finale di apprendimento obbligatoria per i discenti di tutti i percorsi formativi e di aggiornamento obbligatoria in materia di salute e sicurezza sul lavoro e anche delle modalità delle verifiche dell’efficacia durante lo svolgimento delle prestazioni lavorative (altra novità!).

Dopo questo breve sguardo al nuovo che (forse) avanza, ora passiamo al “vecchio”.

VERSO L’INFINITO E OLTRE … NAVIGANDO NEI VECCHI ACCORDI STATO REGIONE

Come preannunciato in premessa, nel presentare il mio ragionamento, utilizzo l’Accordo Conferenza Stato – Regioni del 21.12.2011, che disciplina, ai sensi dell’articolo 37, comma 2, del D. Lgs. n. 81/08, la durata, i contenuti minimi (ndr. minimi, appunto!) e le modalità della formazione (salute e sicurezza), nonché dell’aggiornamento, dei lavoratori, dei preposti e dei dirigenti.

Noi però concentriamoci sulla formazione prevista per i lavoratori. La durata minima (ndr. minima, ci risiamo!) nell’articolazione del loro percorso formativo viene ricondotta alla classificazione per macrocategorie di rischio e corrispondenza di attività ATECO di riferimento, a cui corrispondono i settori della classe di rischio (BASSO, MEDIO e ALTO). Fin qui ci siamo, anche semplice, lo sanno fare e lo fanno pressoché tutti. Ma andiamo avanti nella lettura, mica l’Accordo infatti si ferma qui …

L’Accordo prosegue indicando che il percorso formativo (durata, contenuti, modalità, etc.) ed i relativi aggiornamenti, possono (ndr. devono!) essere ampliati in base alla natura e all’entità dei rischi effettivamente presenti in azienda, aumentando di conseguenza il numero di ore di formazione necessario. Infatti, “i contenuti e la durata sono subordinati all’esito della valutazione dei rischi, fatta salva la contrattazione collettiva e le procedure concordate a livello settoriale e/o aziendale. La trattazione dei rischi va, pertanto, declinata secondo la loro effettiva presenza nel settore di appartenenza dell’azienda e della specificità del rischio”. In parole povere, la formazione deve essere adeguata e specifica!

Sic et simpliciter, scritto nero su bianco. Giuro! Eppure siamo finiti a banalizzare la rilevazione del fabbisogno formativo relegandola ad una generica classe di rischio. Sul motivo un’idea ce l’avrei … ma la tengo per me.  L’articolazione del percorso formativo è tutt’altro che meccanicistico, può partire certamente da quanto previsto per il comparto ma non si può certamente ritenere che possa concludersi lì, ricavandolo unicamente dall’associazione con il codice relativo all’attività economica dell’organizzazione!

Ma udite udite, le sorprese non finiscono qui … L’Accordo ricorda anche che tale formazione “è distinta da quella prevista dai titoli successivi al I del D. Lgs n. 81/08 o da altre norme, relative a mansioni o ad attrezzature particolari”. Qualora, infatti, il lavoratore svolga operazioni e utilizzi attrezzature per cui il D.Lgs. n. 81/08 preveda percorsi formativi ulteriori, specifici e mirati, questi andranno ad integrare la formazione oggetto del presente accordo, così come l’addestramento. La questione è sostanziale: i Titoli successivi al I (del D. Lgs. 81/2008) non sono optional!

Ad esempio, la formazione è prevista per:

RISCHI SPECIFICI

Movimentazione manuale dei carichi (art. 169)
Segnaletica di sicurezza (art. 164)
Utilizzo di attrezzature munite di videoterminali (art. 177)
Esposizione ad Agenti fisici (art. 184)
Rischi di esposizione al rumore (art. 191, 192 e 195)
Rischi di esposizione a vibrazioni (art. 203)
Rischi di esposizione a campi elettromagnetici (art. 210 e 210 bis)
Rischi di esposizione ad agenti chimici (art. 227)
Rischi di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni (art. 239)
Rischi di esposizione o potenziale esposizione ad amianto (art. 258)
Rischi di esposizione ad agenti biologici (art. 278)
Protezione dalle ferite da taglio e da punta nel settore ospedaliero e sanitario (Titolo X-bis)
Rischi di esposizione ad Atmosfere esplosive (art. 294-bis)

UTILIZZO DPI

Uso corretto e l’utilizzo pratico dei DPI (art. 77 c. 4 lett. h del D. Lgs. 81/08 e smi)
Uso di DPI di III categoria (art. 77 c. 5)

UTILIZZO ATTREZZATURE DI LAVORO

Uso di ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, relativamente e condizioni di impiego e situazioni anormali prevedibili (art. 73 c. 4)
Uso di attrezzature di cui all’articolo 71, comma 7 (art. 73 c. 4 e ASR 22.02.2012)
Riparazione, di trasformazione o manutenzione di attrezzature (art. 71 c. 7 lett. b).

Arrivati fin qui, appare chiaro che la rilevazione del fabbisogno formativo è molto di più e che, se è vero che l’Accordo Conferenza Stato – Regioni del 21.12.2011 costituisce corretta applicazione dell’articolo 37 c. 7 del D. Lgs. 81/08, questo è rappresentato dall’applicazione di ogni sua parte. Non possiamo mica ricordarci solo di quello che ci fa più comodo e dimenticarci del resto.

Ecco spiegato il mio scetticismo sul Nuovo ASR. Al di là della sua apparizione profetica (o meno), credo che se non cambiamo il modus pensanti, difficilmente un nuovo Accordo potrà costituire un modus operandi di rinascita. Se non cambia la cultura sottesa, difficilmente un nuovo fantomatico Accordo, da solo, potrà cambiare l’efficacia del processo formativo, costituire la panacea di tutti i mali.

La sfida è, dunque, molto più ardua. Il legislatore dovrà mettere in campo anche altre strategie per prevenire quel rischio di distorsioni nella dietrologia applicativa, che già vediamo quotidianamente sotto i nostri occhi. Un primo passo, a mio avviso, potrebbe essere quello di fare uscire dal mercato chi vende fuffa, carta fritta.  È prioritario trovare la combinazione giusta per fare uscire il mondo della formazione SSL dalla routine nella quale sembra caduta, scoraggiando i processi di appiattimento.

La formazione è cosa seria. Se vogliamo una formazione qualità, dobbiamo puntare a consolidare una diffusa cultura della formazione, garantendo un passaggio culturale fondamentale: da una politica della formazione solo prescrittiva a quella in ottica davvero preventiva, che deve diventare grimaldello interpretativo comune ed elemento chiave di svolta, anche per migliorare il valore e la competitività delle imprese1.

In questo scenario si inserisce quello che costituisce il primo standard di Gestione del Sistema di Istruzione, la più recente UNI ISO 21001:2019, un documento che specifica i “requisiti per un sistema di gestione per le organizzazioni di istruzione e formazione”, che riflette ed è espressione internazionale di buone prassi in tale ambito. Norma che è passata forse un po’ in sordina, ma che è un luculliano crogiuolo di opportunità a cui guardare con attenzione come indirizzo nella definizione di prodotti e servizi per l’apprendimento efficaci, capaci di soddisfare i requisiti dei discenti e degli altri beneficiari. Scopo della norma, infatti, è quello di migliorare i processi e la qualità delle istituzioni educative ed i loro servizi2. Spero che il nostro legislatore, se la studi bene prima di adottare un qualsivoglia Accordo.


1 R.Somma, Puntosicuro, https://www.puntosicuro.it/informazione-formazione-addestramento-C-56/formazione-per-la-sicurezza-un-abito-prevenzionistico-su-misura-AR-22007/

2 R.Somma, G. Fanucchi, https://aifos.org/home/news/int/interventi_commenti/la_leadership_visionaria_della_formazione 


Fonte: AIFOS


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