Indicazioni dell’ispettorato del lavoro sull’ interdizione al lavoro delle lavoratrici madri in periodo successivo al parto Nota n. 533 del 2 aprile 2021.
In generale, durante il periodo di gravidanza e fino al settimo mese di età del figlio, le lavoratrici non possono svolgere mansioni che comportano il trasporto e sollevamento pesi. Inoltre se non possono essere adibite ad altre mansioni, sorge un diritto soggettivo delle stesse a non svolgere l’attività vietata secondo quanto stabilito dall’articolo 7 del decreto legislativo 151/2001.
Nella nota 553/2021 l’Ispettorato precisa che ci sono le condizioni sufficienti per adottare il provvedimento di interdizione nel caso in cui vi sia anche solo la mera constatazione della adibizione della lavoratrice madre a mansioni di trasporto e al sollevamento di pesi, a prescindere dal risultato della specifica valutazione del rischio, una volta valutata l’impossibilità di adibizione a mansioni differenti.
Ne consegue che, anche nel qualora il rischio attinente al sollevamento dei pesi non sia stato espressamente valutato nel DVR, l’adibizione a tali mansioni costituirebbe comunque condizione sufficiente per il riconoscimento della tutela della lavoratrice con la conseguente emanazione del provvedimento di interdizione, ferma restando una valutazione circa l’impossibilità di adibizione ad altre mansioni.
Analogo principio trova applicazione nelle ipotesi di interdizione fino al settimo mese dopo il parto.
Per l’erogazione dell’indennità sostitutiva, occorre che la lavoratrice inoltri sempre un’apposita istanza all’INPS (cfr. art. 1, D.L. n. 663/1969 conv. da L. n. 33/1980)
In sintesi:
1 – Divieto di adibizione delle lavoratrici madri al trasporto e al sollevamento pesi : E’ sufficiente la mera constatazione della adibizione della lavoratrice madre a mansioni di trasporto e al sollevamento di pesi, a prescindere che esso sia stato o no valutato all’interno del DVR. In tal senso propende sia l’interpretazione della giurisprudenza di merito , sia le pregresse indicazioni del Ministero del lavoro (interpello n. 28/2008 e nota prot. n. 37/0007553 del 29 aprile 2013)
L’ispettorato precisa che la posizione giuridica vantata dalla lavoratrice in termini di diritto soggettivo, non giustifica significativi margini di valutazione neanche in termini di discrezionalità tecnica in ordine alla verifica delle effettive condizioni di lavoro della lavoratrice.
2 – Termine finale da indicare nel provvedimento di interdizione post partum nelle ipotesi di parto prematuro Come noto l’art. 16, comma 1 lett. d), del D.Lgs. n. 151/2001, per le ipotesi in cui il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, prevede che i giorni antecedenti al parto non goduti a titolo di astensione obbligatoria si aggiungano al periodo di congedo obbligatorio di maternità post-parto. Lo stesso principio si applica nell’interdizione fino al settimo mese dopo il parto e pertanto i giorni di congedo obbligatorio ante partum non fruiti si aggiungono al termine della fruizione dei sette mesi decorrenti dalla data effettiva del parto. (v. circolare INPS n. 69/2016) . Quindi il provvedimento di interdizione adottato dall’ITL dovrà indicare la data effettiva del parto e far decorrere da tale data i sette mesi di interdizione post partum aggiungendo, ai predetti sette mesi, i giorni non goduti a causa del parto prematuro .
3 – Provvedimento di interdizione a seguito di pronuncia giurisdizionale e necessità di istanza di indennità sostitutiva.
Anche in presenza di sentenza dichiarativa circa la sussistenza del diritto sono sempre necessarie:
- l’emanazione da parte dell’ITL del relativo provvedimento amministrativo
- la richiesta all’INPS.
Nota prot n. 553 del 2 aprile 2021, interdizione post partum – artt. 6-7- 17, D.Lgs. n. 151/2001.