Articolo pubblicato sul Ingenio
articolo “Sicurezza sul lavoro: la valutazione dei rischi nell’ottica dei cambiamenti climatici”
Il cambiamento climatico può avere conseguenze dirette e indirette anche sulla salute e sicurezza dei lavoratori, aggravando rischi professionali esistenti e facendone emergere di nuovi. Questo richiede un’attenta valutazione dei rischi e la definizione di misure di prevenzione e protezione specifiche, in un nuovo approccio metodologico integrato. Solo attraverso un impegno costante ed il coinvolgimento di tutti gli stakeholders si potrà confidare di contenere il fenomeno nei prossimi anni.
Inquadriamo la questione
Riprendendo la canzone degli anni ‘80 del duo Righeira, che ci riporta la tipica sensazione di malinconia provocata dalla fine della stagione delle vacanze, possiamo ormai dire che “L’estate sta finendo e un anno se ne va”. Una stagione, quella agli sgoccioli, che nel bilancio a consuntivo, oltre della sensazione nostalgica raccontata da questo primo tormentone estivo, ci lascia purtroppo anche il ricordo di eventi naturali e meteorologici avversi, che hanno colpito duramente i nostri territori, nonché di record raggiunti nelle temperature.
In ambito prevenzionistico, il rendiconto dell’estate 2023 registra la consapevolezza generale che il cambiamento climatico ha risvolti emergenti significativi anche sul lavoro, sia in relazione al rischio infortunistico che di malattie professionali.
Senza la pretesa di una impossibile completezza, limitatamente e con le finalità di questo breve contributo, possiamo indubbiamente affermare che, in termini generali, l’aumento della temperatura ambientale media, le radiazioni ultraviolette, le piogge violente, le inondazioni, il dissesto idrogeologico, siccità e incendi (ndr. in sintesi, i “cambiamenti climatici”), possono amplificare alcuni rischi e, allo stesso tempo, farne emergerne di nuovi, con effetti diretti e indiretti sulla salute, sulla sicurezza e sul benessere dei lavoratori, soprattutto (ma non solo), per coloro che svolgono le proprie mansioni all’aperto.
Se ragioniamo, ad esempio, in termini di esposizione a temperature ambientali elevate per periodi di tempo più lunghi, non possiamo non considerare che tale condizione può portare i lavoratori ad una diminuzione della capacità di concentrazione, alla scarsa capacità decisionale ed all’aumento del rischio di lesioni dovute ad affaticamento, che presta il fianco ad un maggior rischio infortunistico.
A questo si aggiunge il possibile impatto che la variazione di temperatura può avere sulle strutture e sulle attrezzature di lavoro: alcuni materiali e attrezzature possono essere compromessi da temperature elevate e una maggiore esposizione a sostanze chimiche può essere estremamente dannosa in ambienti caldi, ad esempio quando si lavora con solventi ed altre sostanze volatili.
Condizioni ambientali più calde possono anche aumentare i livelli di inquinamento atmosferico e le esposizioni nocive per i lavoratori, come l’ozono troposferico ed il particolato fine (ad esempio lo smog) e favorire l’accumulo di contaminanti atmosferici dovuti al ristagno dell’aria.
Inoltre, l’aumento globale delle temperature e le modifiche nell’uso del territorio (come ad esempio l’urbanizzazione di aree rurali) favoriscono l’introduzione di nuovi vettori biologici e agenti infettivi, con rischio di infezioni e focolai epidemici.
Non si tratta di questioni del tutto nuove in verità, ma che certamente questa lucifera estate sembra aver portato all’attenzione collettiva, da gestire nell’ottica dell’analisi dei rischi a lungo termine, di adeguamenti delle pratiche lavorative, di implementazione di misure protettive e strategie per mitigare i rischi.
Il tema si sta affrontando istituzionalmente a più livelli: l’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute del lavoro (EU OSCHA), l’Inail, il Ministero della salute e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e molti altri Enti ed Istituzioni hanno infatti pubblicato e diffuso vademecum e linee guida sul tema.
Sono nati diversi importanti progetti, come il Progetto Worklimate, che vede impegnati Inail e il Consiglio nazionale delle ricerche per la BioEconomia (Cnr-Ibe), con la partecipazione del Usl Toscana e del Dipartimento di epidemiologia del SSN Lazio e del Consorzio LaMMA, che ha messo a punto una strategia di interventi per contrastare lo stress termico in ambito lavorativo e fornito strumenti operativi come schede e sintesi dedicate.
La valutazione dei rischi “climatici”
Pur senza un esplicito riferimento al rischio clima, anche le variabili del cambiamento climatico che impattano sui lavoratori, alcune delle quali stocastiche, rientrano nell’ottica complessiva della valutazione dei rischi di cui all’art. 28 del D. Lgs. 81/08 (TU) in capo al datore di lavoro.
Questo anche in riferimento all’art. 19 – misure generali di tutela, art. 17 – obblighi del datore di lavoro non delegabili, art. 98 – obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, art. 180 e 181 – Titolo VIII agenti fisici, allegato XIII – prescrizioni per i posti di lavoro nei cantieri, allegato IV – microclima temperatura dei locali, allegato XV – contenuti minimi dei Piani di sicurezza e di coordinamento PSC.
In tale ottica, l’INAIL ha recentemente pubblicato un focus di approfondimento tecnico-scientifico proprio sulla valutazione dei rischi “climatici” come strumento di prevenzione (Rapporto INAIL NR. 7 – Luglio 2023). Il documento pone l’accento sull’obbligo da parte del datore di lavoro di valutare gli impatti del cambiamento climatico sull’organizzazione.
Gli scenari ipotizzabili sono i più disparati, potendo individuare diverse situazioni (temperature estreme, eventi atmosferici violenti, ecc.), nonché diversi luoghi di lavoro (chiusi e all’aperto).
A tal fine l’obbligo specifico di tutela sul lavoro è rimesso ad ogni datore di lavoro, che deve procedere come per qualsiasi altro rischio:
- identificazione di ambienti di lavoro e delle attività e mansioni esposte;
- determinazione dei lavoratori più vulnerabili e della presenza di fattori aggravanti quali lo sforzo fisico (per esempio in cantiere o nei campi);
- valutazione dei rischi;
- definizione ed attuazione di misure di prevenzione e protezione specifiche;
- definizione di specifiche procedure di emergenza.
La valutazione dei rischi deve considerare ovviamente anche le differenze espositive in base all’età e genere, sappiamo infatti che alcuni gruppi specifici di lavoratori possono essere esposti a maggiori rischi (o soggetti a particolari esigenze), in un approccio non neutrale ma attento alla soggettività. E’ scientificamente provato, ad esempio, che le donne ed i lavoratori giovani sono più suscettibili alle basse temperature e gli uomini, in particolare quelli meno giovani, alle alte.
Sarà importante per il datore di lavoro tenere buon conto degli avvisi meteo, consultare il medico competente e formare in modo specifico gli addetti al Primo soccorso.
Le misure di prevenzione e protezione
Nella pubblicazione, l’INAIL riporta a titolo esemplificativo anche alcune misure di prevenzione e protezione:
- predisposizione di procedure da seguire in ogni possibile scenario influenzato dalle condizioni meteorologiche, sia in condizioni di lavoro ordinario che di emergenza, sia di tipo strutturale e tecnico che di tipo organizzativo ed individuale;
- rimodulazione degli orari e dei turni di lavoro in modo da evitare o ridurre l’esposizione nelle ore più calde;
- installazione di ripari per creare ombra nelle aree di lavoro all’aperto e consentire le giuste pause e un adeguato ristoro nelle ore più calde;
- installazione di punti di fornitura d’acqua in più siti;
- impiego di veicoli da lavoro dotati di cabine chiuse con aria condizionata;
- fornitura di protezioni e indumenti adatti a caldo ed a radiazioni ultraviolette (cappello/casco a tesa larga, creme solari protettive; indumenti di raffreddamento come gilet, magliette e berretti refrigeranti);
- fornitura di indumenti e dispositivi di protezione individuale anche per ridurre il rischio di eventuali contagi da agenti infettivi (come ad esempio stivali o guanti);
- ausili per ridurre lo sforzo fisico da movimentazione dei carichi;
- installazione di aree/impianti di raffreddamento nei luoghi di lavoro interni;
- piani di evacuazione in caso di eventi estremi e gestione del ripristino dei luoghi di lavoro in sicurezza;
- investimenti in infrastrutture per la protezione da catastrofi naturali, come ad esempio la costruzione di protezioni dalle inondazioni;
- formazione e informazione dei lavoratori sulle misure di prevenzione e protezione.
In tale ottica, il datore di lavoro dovrà dunque pianificare anche le risposte alle emergenze, come ad esempio promuovere il reciproco controllo dei lavoratori, soprattutto in quei particolari momenti della giornata dove si possono realizzare le cosiddette ondate di calore o come le misure specifiche da adottare in ambienti di lavoro chiusi, attivando metodi e strumenti per abbassare la temperatura come l’uso di condizionatori, schermi riflettenti per l’allontanamento del calore radiante e l’isolamento termico degli infissi .
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